«Il mio sogno era formare una famiglia da giovane, avere dei figli, e un lavoro che mi permettesse di farlo». Oggi, a 38 anni («Vecchia», scherza lei, «rispetto alla media di chi lavora qui»), Chiara Cattaneo si sente realizzata, serena. Ha un marito, tre figli di 11, 10 e 8 anni. È una professione che, come lei spiega, le permette di conciliare perfettamente lavoro e famiglia.
Da 16 anni Chiara lavora da McDonald’s. La sua posizione: coordinatrice delle hostess e degli steward di 14 ristoranti nella zona Nord dell’hinterland milanese. Posizione raggiunta dopo aver scalato i vari gradini della piramide della catena di fast food, a partire dai fornelli, a cuocere hamburger e patatine, e il servizio alla cassa: il livello dei cosiddetti crew. «Ho iniziato nel 1996», racconta Chiara, originaria di Locate (Milano), «lavoravo come commessa in un negozio milanese, ma mi mancava qualcosa, avevo bisogno di crescere. Ho fatto domanda al McDonald’s di Cinisello Balsamo e lì ho iniziato». Assunzione part-time di 24 ore a settimana. «Così, l’anno successivo, a 23 anni, mi sono sposata». Da crew, nel giro di poco tempo Chiara passa a hostess: «Le figure che, insieme agli steward (uomini), gestiscono la cassa, le feste di compleanno, i vari eventi, come le giornate nelle scuole e le visite open door nelle nostre cuci¬ne». Passo successivo: quello di capo-hostess. Fino a diventare coordinatrice. Cambiando tra diversi tipi di contratto: dal part-time iniziale al full-time, poi di nuovo al part-time allungato a 30 ore. E passando per tre maternità a distanza ravvicinata.
«Posso gestire il mio tempo a seconda degli impegni e degli eventi da seguire, senza trascurare i miei figli». Chiara oggi è felice. Alla domanda se cambierebbe qualcosa del suo lavoro, ci pensa su e sorride: «Niente. Qui c’è attenzione al merito, se sei capace ti valorizzano e ti danno l’opportunità di crescere. Io ho tirato fuori le mie potenzialità. È come se l’azienda ti dicesse: noi ti facciamo vedere il futuro. Se vuoi, tu lo puoi costruire».
I dati degli ultimi tempi sul lavoro in Italia fotografano una situazione sempre più drammatica: la disoccupazione giovanile (15-24 anni) ha superato il 37 per cento, battendo, purtroppo, ogni record. In questo panorama desolante, McDonald’s appare una realtà in controtendenza: «Anche noi avvertiamo che la fiducia dei consumatori è calata», commenta Roberto Masi, amministratore delegato di McDonald’s Italia. «Tuttavia, continuiamo a crescere e investire». Alcune settimane fa la multinazionale del fast food ha lanciato una campagna per annunciare 3 mila assunzioni di giovani nei prossimi tre anni, da impiegare negli oltre 100 nuovi ristoranti che saranno aperti in tutta Italia. «Nell’arco di venti giorni», aggiunge Masi, «abbiamo assunto 200 persone. E non ci fermiamo qui: negli anni a venire prevediamo di espanderci ancora di più, adeguandoci a Paesi come la Francia e il Regno Unito».
Del resto, basta dare un rapido sguardo ai numeri: 460 ristoranti, oltre 16.700 dipen¬denti, 1.200 assunzioni nel 2012 (circa 35 per ogni ristorante), una media di età dei dipendenti di 29 anni (l’80% con meno di 35). Il 71% dei contratti è a tempo indeterminato, il 23% di apprendistato (in totale il 94% di contratti stabili); il 6% è a tempo determinato. I contratti di gran lunga più frequenti sono i part-time (18 e 24 ore settimanali): al momento sono il 67%, concentrati nel livello crew, hostess e steward, mentre per i manager i contratti sono a tempo pieno. La tipologia part-time offerta dall’azienda per forza di cose è poco adatta ai capifamiglia e fa gola soprattutto a chi ha bisogno di flessibilità: i giovani, le donne con figli, gli studenti (che rappresentano, per l’appunto, quasi un terzo dei dipendenti).
Come Andrea Catena, 21 anni, di Pioltello (Milano), al terzo anno di Psicologia, da due anni dipendente al McDonald’s di Segrate, uno di quelli aperti 24 ore su 24. «Vivo con i miei genitori, avevo voglia di rendermi un po’ più autonomo», spiega. Partenza da crew, per passare nel giro di breve tempo a steward. Per lui part-time di 18 ore, con possibilità di gestire i turni a seconda delle sue esigenze di studio e di quelle del ristorante. «Per me è la prima esperienza di lavoro. All’inizio, da crew, è stata dura affrontare i turni notturni». Oggi, Andrea lavora soprattutto nel tardo pomeriggio, riuscendo cosi a gestire il lavoro e la frequenza obbligatoria all’università. Non ha problemi a conciliare i turni e gli orari e ama stare a contatto con i clienti e con i bambini. Certo, il lavoro da McDonald’s è un passaggio, non l’aspirazione della vita. «Vorrei specializzarmi in Psicologia clinica: il mio sogno è aprire uno studio». Con un part-time non può pensare di mantenersi e andare a vivere da solo. Ma, intanto, questo lavoro lo aiuta a pagarsi gli studi e ad avere un minimo di indipendenza.
Una scalata rapida è stata anche quella di Elie Chammai, 29 anni, libanese. «Sono arrivato a Milano», racconta, «dieci anni fa per studiare Economia. Al secondo anno di università ho portato il mio curriculum al McDonald’s di Cinisello Balsamo, uno dei più grandi d’Italia. Nel giro di una settimana sono entrato con contratto part-time». Tempo sei mesi, la direzione gli propone di diventare trainer, formatore dei crew. Due anni dopo Elie passa a manager (contratto a tempo pieno). Nel frattempo decide di lasciare l’università, perché il lavoro lo stimola e gli piace di più. Oggi, è vicedirettore del ristorante, da McDonald’s ha pure trovato l’amore – sua moglie, triestina, lavora nello stesso ristorante – e dice di non poter desiderare di più.
«Nel ristorante siamo 9 manager, oltre a me ci sono altri due immigrati, una dalle Filippine e uno dallo Sri Lanka». Nei ristoranti McDonald’s i dipendenti stranieri rappresentano quasi il 20%. Stesse condizioni di partenza, uguali opportunità di formarsi e di crescere, dai fornelli alla direzione. Per tutti, italiani e immigrati.
20 gennaio 2013
Fonte: Famiglia Cristiana (pag.34)